Nella giornata del nove aprile 2022 tutta l'equipe educativa della comunità Eldorado ha vissuto un'esperienza fuori dal solito ambiente di lavoro assieme alla Direttrice, la quale, ha proposto tale iniziativa.
Si è scelto di andare in un luogo immerso nella natura adiacente alla città, dove cavalli, il fiume e gli alberi secolari addossati ad una strada sterrata e affollata di sportivi ci davano la possibilità di respirare a pieni polmoni. La luce che emanavano aiutava ad usare l'immaginazione e a pensare al futuro e a fare progetti.
La strada era abbastanza lunga da permettere una buona camminata, seguendo ognuno il proprio ritmo.
Per poter organizzare tale gita è stato necessario il supporto di due validi collaboratori: una suora e un volontario del servizio civile che opera all'interno della struttura senza la loro disponibilità non avremmo potuto passare queste ore insieme per cui a loro va la nostra gratitudine.
Questa uscita ha destato la curiosità di molti e ci si è chiesti per quale motivo fosse emersa la necessità di questo incontro. Quale senso dare a questa uscita di gruppo?
La risposta a questa domanda era da ricercare innanzitutto in se stessi, una ricerca personale del senso da attribuire a questo incontro, ognuno responsabile della riuscita dell'iniziativa.
L'autonomia e la responsabilità che caratterizzano il lavoro di cura emergono infatti non solo nella pratica quotidiana ma anche in situazioni lavorative e relazionali particolari, le quali costituiscono lo spunto per una ricerca di significato sull'essere comunità.
Per incontrarci in maniera autentica dovevamo togliere tutte quelle sovrastrutture che allontanano, che creano opposizione, rifiuto o giudizio. È necessario infatti avere la capacità di non sostare solo sui limiti, ma, di andare oltre il giudizio. Solo facendo spazio interiore potevamo passare bene quelle ore insieme guardando l'altro con occhi diversi.
Qui un breve stralcio di una poesia del Dott. Paolo Menghi, neuropsichiatra infantile, morto nel 1999, che evidenzia l'importanza dell'apertura verso l'altro per evitare di rimanere ancorati alla propria visione dell'altro e delle cose.
Egli così scrive:
(…) Sono stanco,
quando mi dirai ciao?
Quando ti accorgerai di me
dietro queste sbarre
che ti ostini a subire o a giudicare
ma che furono fatte e offerte
solo perché tu iniziassi
a cercarmi? (…).
Nella quotidianità l'entusiasmo non è più un alleato da usare come maschera dopo tanti anni di lavoro e fatiche assieme; quel bagaglio di emozioni positive che spesso sono passeggere non era più a disposizione di quelle persone dai volti veri che si mostravano per quello che si è, poiché è grazie alla stanchezza di anni di duro lavoro e confronti autentici che ci si può permettere una apertura più reale.
In quel luogo immerso nella natura ognuno di noi portava con sé la sua condizione d'animo, nessuno era più in grado di mettersi la maschera, la propria stanchezza e frustrazione era condivisa con gli altri senza paura del giudizio.
E ancora, si vedeva molto bene lo sforzo che qualcuno stava facendo per sperimentare una situazione diversa, in cui tutti erano uguali a prescindere dal ruolo.
È proprio un tempo liberato da tutte quelle routine rassicuranti che permette di nutrire in modo diverso se stessi e il rapporto con gli altri.
La ricerca della nostra autenticità e di una relazione il più possibile genuina rispecchia i principi del filone educativo che guida la comunità, fornendo un attento aiuto allo sviluppo dei ragazzi che ci sono affidati e ricercando quegli aspetti originali di ognuno di loro che devono essere riconosciuti.
Lontano invece dai nostri principi educativi è il prendersi cura in modo automatico, senza riconoscere le differenze. La nostra visione pedagogica è un prendersi cura trasversale in cui garantiamo una crescita personale e strutturale del minore.
É con il pensiero di Jacques Maritain, che possiamo sostenere l'importanza di garantire ai ragazzi, oltre che cultura ed istruzione, anche lo sviluppo di quelle (pre)disposizioni ed attitudini universali che sono i valori etici centrali per la formazione del carattere. Essi consistono in:
1. Amore per il vero
2. Amore del bene e della giustizia
3. Senso del lavoro ben fatto
4. Apertura verso la vita, l'esistere volentieri
5. Senso della solidarietà e della cooperazione.
Il lavoro di cura nelle comunità è molto difficile: lavorare assieme, senza essersi scelti, per prendersi cura degli altri, non è un mestiere per chiunque; occorrono infatti delle notevoli capacità relazionali, di gestione e orientamento in modo costruttivo dei conflitti interiori.
È necessaria una flessibilità interiore e una capacità di stare in relazione attraverso uno scambio che includa il pensiero dell'altro nonostante non lo si condivida.
Se non si include, la relazione diventa uno scontro. È necessario avere capacità di pensiero critico per cogliere tutte le sfaccettature della realtà; bisogna essere disposi a cambiare se stessi e non voler solamente che l'altro cambi al posto nostro.
La fatica a porre in essere azioni che hanno l'obiettivo di favorire l'incontro con l'altro non deve lasciare spazio a parole vuote che servono solo a nascondere a e manipolare l'altro per i propri fini abietti. L'autenticità si esprime attraverso l'azione. Un' educatrice un educatore che ricerca l'autenticità pone in essere l'azione a partire da sé; solo così si riesce a dare un senso al proprio agire permettendo al professionista di capire la forma che desidera darsi. La tecnica del partire da sé richiede la centralità del singolo; essa si sviluppa dalla presenza dell'altro e dal confronto.
È attraverso questa tecnica che possiamo diventare delle esemplarità per qualcuno, non dicendo esplicitamente all'altro cosa deve dire o fare, ma che, grazie al proprio percorso espressivo, diventa per l'altro un modello da seguire. Infatti, il viatico compiuto dall'altro per comprendere il suo desiderio può fungere da stimolo ad altri per riflettere sulle proprie modalità di agire e di stare in relazione.
Se non si è predisposti a ciò il luogo di cura diverrà un luogo in cui le persone saranno chiuse, stanche, giudicanti, incapaci di intendere l'educazione come valori che favoriscono l'apertura alla vita.
La sfida della camminata è stata quella di far emergere l'essere persona al di là dell'essere educatori o direttori; abbiamo rinforzato l'umanità attraverso quei valori che costituiscono il nucleo forte dell'uomo: stima di sé, fiducia nella vita e fiducia nelle relazioni.
Questo è il nostro obiettivo educativo: prendersi cura di se stessi prima di imporre una forma all'altro, essere disponibili al cambiamento che lo scambio umano sempre richiede e porta con sé. Imparare ad educarsi e realizzare il cambiamento in se stessi per diventare ciò che si deve diventare è l'atto essenziale dell'educatore.
Ringraziamo Suor Rosaria per aver voluto questa camminata e aver permesso di mostrarci per quello che siamo veramente. Per aver reso possibile una modalità di relazione autentica, stando in compagnia e passando delle serene ore.
Giovanna Bernardi - Educatrice Comunità Eldorado